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CONSULENZA TURISMO - PROGETTIDIGITAL MARKETING TURISTICO

In destination con… Adventoured. Storie e racconti di Tour & Experiences providers (DMcom-unity)

By 18 Gennaio, 202415 Aprile, 2024No Comments

Inauguriamo una nuova rubrica dedicata alle storie e ai racconti di Tour & Experiences providers, per informare e aiutare i protagonisti del settore a comprendere gli infiniti orizzonti dell’universo “turismo”. 

Ogni volta un racconto diverso che avrà un protagonista diverso, per un confronto utile e necessario a migliorare le scelte imprenditoriali del settore “tour e attività”.

Oggi tocca ad Adventoured, la piattaforma outodoor che mette in contatto gli appassionati di turismo sportivo con le guide sportive locali nell’arco alpino orientale delle Dolomiti e che abbiamo avuto modo di conoscere avendo sviluppato per loro la strategia di Content Marketing.

Abbiamo incontrato Marco Valentini, Founder & Ceo, che ci ha raccontato perché Adventorated non è il classico tour operator!

Ciao Marco! Puoi presentarti e raccontare chi sei e cosa fai?

Mi chiamo Marco Valentini, ho 31 anni e sono laureato in economia. Sono appassionato di sport e avendo respirato da sempre il turismo in casa, con una famiglia di imprenditori turistici, ho cercato di coniugare le mie passioni con i miei studi dando vita a questa nuova attività che si chiama Adventoured.

Quando siete nati e quali obiettivi avete raggiunto?

Siamo nati a febbraio del 2022, l’obiettivo era ed è proporre un’offerta turistica innovativa capace di fare incontrare la domanda internazionale di viaggi sportivi nelle Dolomite e l’offerta sportiva turistica di guide locali. Abbiamo già all’attivo diversi viaggi, una base clienti già significativa, possiamo dire che il prodotto funziona e stiamo crescendo. Noi proponiamo la scoperta di un territorio attraverso una vacanza sportiva, no attiva. Attiva è ormai un termine usato da molti e spesso a sproposito. La nostra idea è spronare i nostri clienti a scoprire il territorio attraverso lo sport che preferiscono, che sia bici, sci e/o trekking.

Perché hai scelto di lavorare nel settore outdoor e turismo avventura?

È la mia passione e osservando il mercato, gli appassionati al settore e la richiesta esponenziale, soprattutto dall’estero verso l’Italia, ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura. I nostri clienti sono soprattutto extra-europei, americani, australiani, israeliani e altri ancora.

Quanto conosci i tuoi clienti? E quale il loro contributo nella creazione delle tue proposte?  

Li conosco ancora poco, è tutto in continua evoluzione. Il loro contributo è fondamentale e nasce dalle richieste che ci pongono. Ogni territorio ha le sue peculiarità e quindi, per essere efficaci, è necessario fare incontrare la loro domanda con il nostro prodotto. Serve partire con un’idea chiara, ma bisogna essere camaleontici e mutarla in base al contesto in cui si va a lavorare. 

Quali sono le opportunità del tuo settore?

Le opportunità sono davvero tante. Cerchiamo di strutturare un pacchetto di offerta a 360 gradi che va dall’accompagnamento, all’accoglienza, alla logistica, in territori remoti dove manca l’integrazione tra i servizi. 

E le sfide?

A volte è complicato scardinare certe mentalità. Parecchi albergatori e strutture ricettive della regione lavorano ancora puntando ad una occupazione settimanale, i miei pacchetti, invece, si sviluppano anche con cambi di accommodation quotidiani e non sempre gli albergatori comprendono la necessità di avere delle date flessibili in fase di prenotazione. Un’altra sfida è legata alla destagionalizzazione che, applicandola, permetterebbe di lavorare tutto l’anno. Io preferisco vendere un viaggio fuori stagione – nel nostro contesto montano da settembre a dicembre e da aprile a giugno – perché con meno gente aumenta la qualità dell’esperienza,  è più autentica e naturale. Purtroppo però tante strutture sono chiuse. 

In questi quasi due anni di attività com’è cambiato il vostro prodotto turistico? E se è cambiato, perché?

Ci stiamo allontanando dall’instant booking perché è difficile gestire gruppi già formati un po’ stile WeRoad. Stiamo privilegiando le prenotazione custom sui gruppi privati. Ci facilita la gestione e aumentano i massimi economici. Penso che questa sarà la direzione. 

Passiamo alla sostenibilità, una parola spesso abusata, sulla bocca di tutti e che riguarda ogni ambito della nostra vita. Anche il turismo. Cos’è per te il turismo sostenibile?

Turismo sostenibile significa avere rispetto del territorio in cui si va, adattarsi alle usanze e ai modi di vivere delle persone del luogo. Quando i clienti fanno richieste particolari, anche rispetto all’accommodation, sottolineo sempre che si tratta di un territorio alpino con difficoltà di gestione da parte dei rifugisti. È fondamentale avere rispetto del luogo che ti ospita. 

Quanto è sostenibile il tuo prodotto da 1 a 10?

Non posso dire 10 perché sappiamo di avere un impatto ambientale: offriamo, ad esempio, il servizio di transfer. La pagella, quindi, non ha il massimo dei voti, ma penso di potermi dare come voto un 8.

Quanto le mode condizionano il turismo? E nel tuo caso?

Con l’avvento dei social sempre più persone vogliono visitare i luoghi che hanno visto sui post di certe persone influenti. Nel mio settore, per fortuna, si tratta di un fenomeno limitato,  chi sceglie di fare questo tipo di viaggi sono perlopiù attivi e sportivi, sono persone appassionate che si adattano a viaggi non sempre comodi e semplici. È un turismo di nicchia.  

Hai parlato di “scoperta del territorio”, quanto sono importanti le comunità per la vostra proposta? 

Le comunità sono per noi fondamentali per creare il giusto dialogo. Nei territori offriamo ai nostri clienti l’accompagnamento con guide locali perché sono quelle persone che custodiscono i segreti e le storie di quei luoghi e nessuno meglio di loro può raccontarle.