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Turismo enogastronomico tra identità, cultura e sostenibilità

By 26 Marzo, 2024No Comments

Il turismo enogastronomico continua a essere uno dei principali driver del settore turistico italiano. Sempre più visitatori aspirano a conoscere le bellezze di un territorio non solo dal punto di vista culturale e naturalistico, ma anche attraverso la cucina e i vini dei luoghi diventando in alcuni casi anche attrazione turistica.

Ad avventurarsi quindi lungo un viaggio tra sensi, territori e identità non sono più solo intenditori o appassionati di cibo. Tracciare l’identikit “tipo” del turista enogastronomico non è comunque semplice, possono essere diversi i motivi per cui un visitatore va alla ricerca del buon cibo e di tutta l’arte culinaria di un luogo. Ogni consumatore ha la propria identità, la propria attitudine e le proprie richieste e uno stesso turista enogastronomico può avere ruoli differenti a seconda delle occasioni di consumo, del tipo di viaggio e del tipo di esperienza. 

Certo è che, rispetto al passato, è disposto a coprire distanze maggiori per raggiungere la meta prefissata e viaggiare nei territori di produzione in stagioni diverse. Il turismo enogastronomico è ormai diventato a tutti gli effetti un fatto culturale: un fenomeno per nulla insolito se si considera che da sempre il cibo è stato oggetto di curiosità e attrazione verso un luogo.

Oggi lo è ancora di più, complici anche i social media pieni di fotografie, post e storie di ricette, piatti pronti, ristoranti, cantine e luoghi di degustazione. Nonostante non si sentano né aromi né gusti, la stimolazione visiva è molto efficace e può spingere a ricercare quel piatto o quel luogo specifico per vivere l’esperienza. La considerazione verso chi ha messo la foto e/o l’informazione può contribuire ulteriormente alla popolarità del luogo.

Turismo enogastronomico come momento di convivialità

Il cibo è diventato dunque una tendenza che non basta guardare, va anche vissuto per imprimere nella propria memoria l’esperienza sensoriale. Non è un caso che il turismo enogastronomico da anni continua ad affermarsi sul mercato con varie forme, modalità e fruizione. Come sottolinea Roberta Garibaldi, «non possiamo più limitarci a considerare il turismo enogastronomico come l’acquisto di prodotti agroalimentari e vitivinicoli tipici e al degustare ricette e piatti tradizionali in vacanza.

Questa pratica si esprime attraverso una pluralità di prodotti, servizi ed esperienze in cui il coinvolgimento dei sensi è qualificante, attraverso cui fruire del patrimonio culturale del luogo in modo attivo, immergendosi nella vita e nelle tradizioni della comunità locale. Il recarsi in ristoranti gourmet e/o storici, il visitare luoghi di produzione (aziende agroalimentari, cantine, birrifici, frantoi, caseifici, pastifici, ecc.), i mercati agroalimentari, i musei del gusto e/o le botteghe artigiane, il partecipare ad eventi e festival così come a tour tematici e/o corsi di cucina sono solo alcuni degli esempi più noti attraverso cui l’enogastronomia si manifesta nel turismo e diventa attrazione».

Sono sempre più ricercate le esperienze che coinvolgono i turisti anche nella preparazione dei cibi. Progetti di cucina casalinga, ad esempio, all’interno di piccole comunità che amano cucinare insieme e preservare le tradizioni, mettere a disposizione le proprie abitazioni cucinando con e per i visitatori i piatti tipici con materie prime locali e di stagione. Oltre a calarsi nei gesti, nei sapori e negli odori dei luoghi, ci sarà per loro anche il tempo per visitare il paesino, solitamente un luogo tipico e caratteristico, e conoscere le persone che lo abitano e lo rendono unico, oltre alle tradizioni che portano avanti. 

Generalmente, i pranzi o le cene vengono poi serviti nei cortili delle abitazioni perché la “tavola”, soprattutto per la società contemporanea, è un luogo di incontro e scambio di piacere, affettività e socialità. Occasioni che, dopo la pandemia, acquistano un valore ulteriore e sono ricercate per ri-assaporare la bellezza e la ricchezza delle relazioni anche tra “sconosciuti”.

In Sicilia, ad esempio, che nel 2023 è stata tra le mete preferite di viaggi enogastronomici diverse realtà propongono esperienze di questo tipo. Ad esempio, “Le mamme del borgo”, nel cuore della Valle dell’Alcantara, il primo ristorante di cucina diffusa dell’isola che dal 2016 anima il borgo di Motta Camastra e richiama numerosi viaggiatori provenienti da tutto il mondo, alla ricerca di genuinità e socialità che solo un pranzo in famiglia può offrire. Le mamme del borgo sono sette donne mutticiane che aprono le proprie case per accogliere, cucinare insieme ai turisti e far assaggiare i sapori tipici locali rivalutando il territorio e le tradizioni.

Il turismo enogastronomico è anche turismo culturale?

Il cibo è dunque l’elemento perfetto per mettere insieme persone e palati diversi, non a caso è da sempre un punto di partenza per straordinari sviluppi di stampo sociale e culturale, e l’Italia è sempre più meta di turisti che le riconoscono una forte identità storico-culturale ed enogastronomica.

Partecipando direttamente agli usi e alle abitudini dei luoghi e delle comunità, il visitatore ha la possibilità di arricchire il proprio bagaglio personale e culturale andando alla ricerca del cibo, dei vini e della cultura locale. Come sottolinea Garibaldi «l’enogastronomia diviene così sotto-categoria della cultura della destinazione poiché unisce la volontà di acquisire familiarità con nuove culture alla partecipazione ad eventi e attrazioni culturali. Enogastronomia e cultura sono quindi due facce della stessa medaglia: il turista enogastromico-culturale è colui che presta attenzione all’aspetto culturale sia di una destinazione sia di un artefatto e che ritrova nel cibo quella parte di esperienza e dimensione culturale».

Gli eventi culturali, i festival e le sagre hanno dunque un ruolo importante in tal senso come motore di attrazione per i turisti, per visitare una destinazione al di là del prodotto culturale offerto, affiancando i valori sociali, locali e paesaggistici alla buona gastronomia depositaria della cultura del luogo. 

Turismo enogastronomico e sostenibilità

Parlare di sostenibilità è sempre più di moda, ma è soprattutto una necessità se vogliamo mantenere un equilibrio con il pianeta che ci ospita. Questo vale anche per la biodiversità agroalimentare e il turismo enogastronomico. Quest’ultimo può essere uno strumento utile ed efficace per uno sviluppo sostenibile delle destinazioni e delle aree rurali, in grado di favorire una maggiore comunicazione tra produttori, ristoratori, operatori del turismo e consumatori, accorciare la filiera agroalimentare e generare a cascata benefici diffusi sul territorio.

Serve facilitare la diffusione di pratiche enogastronomiche sostenibili di produzione e consumo di cibo più attente all’impatto ambientale, sociale, culturale ed economico che, tra l’altro, costituiscono sempre di più un richiamo turistico. È lo stesso turista a richiederlo. Gli italiani conoscono (87%) e hanno una buona considerazione (72%) del turismo sostenibile e per questo chiedono standard di sostenibilità sempre più elevati da parte delle strutture e una maggiore promozione, da parte delle Istituzioni, per i cibi e prodotti made in Italy. È questa la fotografia che emerge dal 13° Rapporto “Italiani, turismo sostenibile e l’ecoturismo”.

«Il turismo è per sua natura territoriale e continuerà a esserlo se, come sta avvenendo, alla centralità storica di coste, beni culturali e montagne si integreranno ancor meglio, a pari titolo, altre e diverse offerte come i beni enogastronomici, i prodotti del made in Italy, l’ambiente (con la sua eccezionale biodiversità), i cammini, i borghi, le industrie creative, gli eventi, le grandi feste di tradizione e religiose – commenta Franco Iseppi, Presidente Touring Club Italiano –. In presenza di così tanti e rilevanti attrattori che connotano l’Italia, il ruolo dei territori è quello di massimizzare ed esaltare l’esperienza turistica dei viaggiatori, facendoli sentire ‘accolti’, al centro di un progetto (il viaggio) che può creare un sodalizio duraturo o comunque memorabile tra visitatore e luoghi. Tutto questo è possibile però solo a condizione che l’idea di turismo alla quale ispirarsi sia sostenibile»