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DIGITAL MARKETING TURISTICO

Ripresa sostenibile del turismo – Intervista con: Livia Muto Nardone di Softtourism

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Come già indicato da Davide, fondatore di XeniaPro nella sua lettera aperta, abbiamo finalmente carta bianca: l’emergenza innescata dalla diffusione del COVID-19, alias Coronavirus, ci offre l’opportunità di ripartire da zero nel settore del turismo e apportare quelle necessarie modifiche in grado di innovare la nostra offerta di prodotti, da una parte e avviarci, finalmente, verso l’applicazione dei criteri internazionali di sostenibilità dall’altra. 

Nell’intervista di oggi parliamo di turismo sostenibile con Livia Muto Nardone, consulente esperta di sostenibilità applicata al turismo e fondatrice di SoftTourism.

La ripresa sostenibile nel turismo

Salve Livia, sappiamo che ha lavorato per anni nel settore del turismo sostenibile. Le andrebbe di raccontarci un po’ della sua esperienza?

livia muto nardone softtourism turismo sostenibile italia_roundLavoro nel turismo da più di 30 anni, come consulente di marketing e comunicazione per tour operator italiani, ma è stata la mia attività’ di Incoming in America Latina, dal 1994 al 2009, che mi ha permesso di sviluppare una sensibilità sulle tematiche del turismo sostenibile. 

Forte di questa esperienza e di un mio continuo aggiornamento professionale, svolgo dal 2013 , in parallelo, anche attività di formazione e di orientamento per diffondere gli aspetti della sostenibilità legati al turismo e per adattarli alla realtà turistica italiana. Con SoftTourism ci proponiamo come trait d’union tra gli operatori del settore, il mondo accademico e le amministrazioni locali, che difficilmente dialogano tra loro.

 

La vostra attività parte anche da un’importante premessa, ossia che vi è una grossa incomprensione sul reale significato di turismo sostenibile. Potrebbe dirci di più a riguardo?

Quando si parla di “sustainable tourism”, lo si traduce in italiano con l’espressione “turismo sostenibile” che nell’immaginario collettivo diventa, spesso, sinonimo di un turismo lento a contatto con la natura. Questo tipo di turismo è invece l’ecoturismo, che non è detto che sia sempre sostenibile. 

Noi invece, utilizziamo il significato internazionale, che intende per turismo sostenibile un turismo gentile, non invadente, autentico, inclusivo, capace di generare ricchezza, rispettando l’ambiente, il patrimonio culturale e la popolazione del luogo. Si tratta dell’evoluzione responsabile del turismo “tradizionale”, quello comune e corrente, che facciamo spesso “male” nelle nostre città d’arte, sulle isole o lungo le coste italiane, più o meno consapevolmente.

Può darci una definizione di sostenibilità applicata al turismo?

Per sostenibilità applicata al turismo intendiamo “la capacità di adottare, oggi, misure e strategie che continuino a produrre dei benefici anche nel medio e lungo termine, non solo rispetto alla salvaguardia ambientale, ma anche culturale, economica e sociale, per lo sviluppo e la tutela delle risorse di un territorio”.

Il turismo sostenibile come motore della ripresa

La sostenibilità può diventare il volano fondamentale dello sviluppo economico del paese. È d’accordo?

Assolutamente si. Secondo gli ultimi rilevamenti, nei prossimi dieci anni, la sensibilità per il turismo sostenibile crescerà per il 68% degli italiani, come risulta  dal 9° Rapporto “Gli italiani, il turismo sostenibile e l’ecoturismo, realizzato dalla Fondazione Univerde. Inoltre, da questi  dati emerge come la domanda sia molto più preparata e matura dell’offerta, in materia di buone pratiche sostenibili. 

Oggi, come non mai, turismo e sostenibilità dovrebbero camminare a braccetto sin da subito, per permettere che la ripresa sia ordinata e duratura e non improvvisata e scriteriata. 

Strategie e pianificazione saranno necessarie e determinanti per il nostro settore, quanto le misure di sostegno economico richieste al governo.

Le previsioni per il dopo Covid-19 indicano che le persone prediligeranno posti sicuri, poco affollati, meno conosciuti e saranno alla ricerca di esperienze autentiche e genuine, come i nostri borghi, con i loro alberghi diffusi, gli agriturismo, le attività artigianali e le eccellenze enogastronomiche. È l’occasione giusta per dare visibilità alle destinazioni che chiamiamo impropriamente minori e per distribuire in modo più omogeneo i flussi turistici sul nostro territorio fin da ora.

 

Ci sono organismi in Italia a cui gli operatori turistici possono fare riferimento per sviluppare prodotti realmente sostenibili?

Purtroppo pochi, se per sostenibile intendiamo il significato più ampio descritto sopra, fatta salva l’AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile) che è stata la prima in Italia a promuovere un comportamento responsabile del turista.

Per capire bene cosa si intende per sostenibilità in generale, invito a seguire le iniziative dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) che promuove i 17 Goals (SDGS) dell’Agenda 2030, di cui 3 obiettivi riguardano direttamente il turismo. Peccato, però, che il settore del turismo non partecipi attivamente alle iniziative dell’ASviS, probabilmente per non essere ancora consapevole del grande contributo che potrebbe dare al raggiungimento di tutti i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.

A livello internazionale, invece, esistono diversi organismi che si occupano di rendere il turismo più sostenibile, come per esempio il Global Sustainable Tourism Council (GSTC): una no-profit   che ha saputo sviluppare dal 2013 una vasta rete mondiale di stakeholders del settore turistico (tour operators, catene alberghiere, enti del turismo, associazioni di categoria e liberi professionisti), che hanno contribuito alla realizzazione di linee guida universali per Tour Operator, Catene Alberghiere e Destinazioni (DMO). Oggi questi standard sono conosciuti in tutto il mondo come GSTC Criteria, e rappresentano delle preziose Best Practices da promuovere ed adottare, per massimizzare gli impatti positivi e minimizzare quelli negativi  delle attività turistiche, sui territori e sulle comunità ospitanti.

Il GSTC ha anche istituito un sistema di accreditamento per creare omogeneità tra i diversi enti che rilasciano certificazioni. L’unico ente accreditato finora in Italia è Vireo Srl.

Parlando di standard, infine, va menzionato anche l’ETIS, il Sistema Europeo di Indicatori per il Turismo messo a punto nel 2013 dalla Commissione Europea per aiutare le destinazioni turistiche a monitorare e misurare le loro prestazioni in materia di sostenibilità. Il sistema si basa su 27 indicatori principali e 40 opzionali suddivisi in 4 categorie: gestione della destinazione, impatto sociale e culturale, valore economico, impatto ambientale.

In Italia, molte amministrazioni locali conoscono e applicano già questi strumenti, ma è fondamentale che diventino familiari anche agli operatori turistici che operano sugli stessi territori, se vogliamo ottimizzare i risultati delle nostre destinazioni. Criteri e standard sono visti dalla filiera turistica più come norme restrittive, che come buone pratiche da adottare e lo scollamento che c’è tra settore pubblico e privato, di certo, non aiuta.

 

Il turismo accessibile tra i mercati di punta del turismo sostenibile

Il mercato interno sarà quello su cui puntare durante la ripresa. 

Per la ripresa, siamo passati dal #iorestoacasa al #iorestoinitalia. Il sentiment generale sembra essere quello di voler sostenere il turismo in Italia, quindi dobbiamo adattare la nostra offerta alle esigenze del mercato nazionale, mentre riprendiamo a comunicare con il mercato internazionale.

Le domande che ci dobbiamo porre ora per contenere i danni del COVID-19 sono: Quali nuovi mercati possiamo considerare all’interno del nostro paese che non abbiamo ancora esplorato? Come possiamo diversificare la nostra offerta?

 

Vi sono nicchie che secondo lei possono essere raggiunte più facilmente in un’ottica di sostenibilità?

Ispirandoci ai principi di inclusione, solidarietà e giustizia sociale, crediamo che i mercati ai quali dobbiamo rivolgere la nostra offerta siano quelli che abbiamo, spesso, trascurato per prediligere quelli stranieri, più redditizi. Un mercato interno che forse è in “quarantena da sempre”, al quale offriamo di solito una scelta scontata e limitata, è il turismo accessibile. Non parlo solo di persone con disabilità motoria, ma di persone con altri bisogni speciali: intellettivi, sensoriali, legati all’alimentazione o all’età.

 

Quali sono ad oggi le potenzialità del mercato del turismo accessibile?

I dati più affidabili risalgono a 5 anni fa e già all’epoca un’indagine Doxa parlava di circa 10 milioni di persone (quasi il 17% delle famiglie italiane). Sono persone che non viaggiano da sole, che hanno tempo libero e propensione al viaggiare, oltre a un discreto potere d’acquisto

Il mercato del turismo accessibile rappresenta un giro d’affari che sfiora i 28 miliardi di euro ed è quindi ben lontano dalla definizione di mercato di nicchia.

Rivolgersi a questo mercato, significa contribuire direttamente alla realizzazione del Goal 10 dell’ Agenda 2030: “Ridurre le disuguaglianze”, ma anche rispondere, oggi, spinti dall’emergenza, a un’esigenza futura, se consideriamo il trend d’invecchiamento della popolazione italiana.

 

Ci fa un esempio di come approcciare questo mercato?

Bisogna chiaramente partire dall’adattare l’offerta, che è meno complicato di quanto sembri. Affinché un tour operator possa aprirsi ai turisti con bisogni speciali, non è necessario, per esempio, che le guide turistiche sappiano la lingua dei segni: è sufficiente che vengano affiancate da interpreti LIS professionisti. Project for all fornisce supporto e strumenti alle imprese interessate al mercato del turismo accessibile.

Come avviare la ripresa con l’aiuto del turismo sostenibile

Quale consiglio darebbe alle imprese che oggi si trovano ad affrontare la ripresa?

Va fatta una premessa: la sostenibilità ha valore universale, pertanto non deve essere strumentalizzata a livello politico. Innanzitutto, consiglio di non vivere la sostenibilità come un intralcio che produce ritardo, né come una nuova forma di burocrazia o come sinonimo di ulteriori vincoli e tasse, ma considerarla, piuttosto, come un valido strumento per rinnovarsi, urgente e necessario. Un’opportunità per imparare dagli errori passati, per fare meno i ”furbetti” e diventare finalmente più corretti e solidali.

Poi, consiglierei di ascoltare il mercato, con le sue nuove esigenze e paure, che va approcciato con empatia, perché continuerà a temere il contagio; quindi, le persone dovranno essere comprese, accolte e rassicurate. 

Infine, riuscire a creare quel ”new normal”, dove alberghi, ristoranti, agenzie di viaggi, operatori turistici e aziende di trasporto sappiano allearsi in cluster di prodotto, per costruire un’offerta turistica autentica e adeguata alle circostanze.  Servirà imparare a fidarsi, a collaborare con la pubblica amministrazione e a coinvolgere i residenti per fare sistema e promo-commercializzazione. In sostanza le destinazioni turistiche dovrebbero trasformarsi in circoli virtuosi, capaci di rilanciare l’economia locale in un’ottica di qualità sostenibile, guardando al medio e lungo periodo.

Per realizzare tutto ciò, è indispensabile formarsi e mantenersi aggiornati. Dobbiamo impegnarci per sviluppare maggior consapevolezza nel settore, su queste tematiche. Ognuno di noi ha delle responsabilità da assolvere: il governo e la classe politica hanno le loro, e dovranno darci risposte concrete, ma anche noi operatori del settore abbiamo le nostre, che non possiamo eludere o delegare ai politici: la scelta di ripartire in modo sostenibile o meno, è solo nostra.  Chi rischia di scomparire non è il turismo, ma le imprese. Faranno la differenza solo quelle che sapranno dare spazio alla creatività e all’innovazione. 

I tempi migliori dipenderanno dal modo in cui saremo capaci di immaginarli, oggi